Tela dell’Annunziata

Documenti fiorentini attribuiscono la tela a Bernardino Barbatelli, detto il Poccetti (Firenze, 1553- 1612). Fu il priore della Certosa di Serra Bertrand Chalup a commissionare il quadro nel 1603. Il
Poccetti era artista noto e apprezzato presso i Certosini, che gli commissionarono molti lavori nelle case dell’Ordine in Toscana.

Al priore Chalup si deve anche la commissione de Il martirio di Santo Stefano, opera del Poccetti oggi conservata nel coro della chiesa Matrice.
La tela dell’Annunziata, in seguito al terribile tremuoto del 1783, fu recuperata dalla congregazione dell’Assunta. Nella parte superiore, due rattoppi triangolari lasciano intendere l’utilizzo che della
tela veniva originariamente fatto in Certosa: era, infatti, usata in sagrestia come pala di altare. Da notare gli atteggiamenti della Vergine e dell’angelo Gabriele: Maria tiene le mani sul grembo, un
gesto che allo spettatore ricorda l’imminente divina gestazione; l’arcangelo tiene le braccia incrociate sul petto, in un gesto di riverenza nei confronti di Colei che sta per accettare di diventare
madre di Dio. Maria è seduta su un tronetto decorato, nei pressi di un letto sul quale poggia un cuscino rosso, che regge un libro aperto recante il passo tratto dal profeta Isaia (7, 14): Ecce Virgo
concepiet et pariet filium.
L’arredo e l’architettura della stanza in cui si svolge la scena concorrono alla ricostruzione di un ambiente domestico fiorentino contemporaneo al pittore. Degno di nota appare l’abbigliamento
della Vergine, impreziosito dal mantello rivestito internamente d’ermellino, simbolo di regalità. Sul mantello dell’arcangelo spicca, invece, una vistosa fibula che ne tiene uniti i lembi. Il gioiello, un
grosso cristallo di rocca tagliato a cabochon, simboleggia la purezza ma anche l’incorruttibilità del corpo di Cristo, che da quel momento prenderà dimora nel grembo purissimo di Maria.